Uffici postali bocciati in pulizia

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Maggiore pulizia, ottimizzazione degli spazi, rottamazione degli ingombri rappresentati da mobili «e attrezzi obsoleti». Ovvero, come trasformare il vecchio e qualche volta trasandato ufficio postale in una struttura funzionale e possibilmente moderna. L’ordine dscuderìa arriva dalla sede centrale nella persona di Vincenzo De Francesco, direttore della Filiale di Torino. Breve ma significativo comunicato, quello inviato a fine maggio ai responsabili degli uffici postali cittadini. «Oggetto: Progetto Rete 2000. Ottimizzare l’ambiente di lavoro», recita l’intestazione.

Seguono istruzioni in quattro punti ed una considerazione, che seppur non scritta nero su bianco, emerge in tutta chiarezza: l’adeguamento delle Poste italiane agli standard europei non passa soltanto attraverso il piano di ristrutturazione miliardario varato dall’azienda. Contano il decoro e la funzionalità dell’esistente, ovvero dtutti quegli sportelli che pur non essendo inseriti a breve o a medio termine nell’elenco dei lavori dadeguamento sono comunque chiamati a prestare un servizio migliore. Inutile nasconderlo: la «tirata d’orecchie», proprio perché istituzionale, rende giustizia alle lamentele di tutti quegli utenti insoddisfatti dalle prestazioni erogate dall’ufficio postale all’angolo.

Gli stessi che sovente, esasperati, prendono la cornetta e chiamano il giornale, specie in occasione delle Erincipali scadenze: dal ritiro della enedetta pensione al saldo delle bollette. Quali sono le «piaghe» sulle quali ha ritenuto opportuno mettere il dito la sede centrale? Guarda caso, coincidono in più punti con gli sbuffi del cittadino in coda, seccato dal verificarsi di intoppi ed imprecisioni nelle operazioni ma oltremodo irritato da uffici non sempre consoni alle sue aspettative. Lasciamo la parola alle Poste. «Occorre evitare che l’ufficio abbia un aspetto trasandato e sporco», si invita. Salvo venire al sodo poco oltre, con un piccolo elenco di istruzioni spicciole. Al primo punto di nuovo la pulizia degli uffici, garantita anche dalla rimozione «di cartoni, imballi e materiali impropriamente accantonati». Segue «la rimozione di cartelli ed avvisi scaduti», avendo riguardo «affinché gli stessi vengano affissi in maniera ordinata e non casuale». «L’eliminazione del cartaceo e dei documenti che hanno effettuato la prescrìtta giacenza», non è un elemento secondario. Cosi come va tenuto in debito conto il sollecito «alla rottamazione dei mobili e degli attrezzi obsoleti e fuori uso che ingombrano impropriamente gli ambienti di lavoro…». Alzi la mano chi non ricorda almeno un esemplare di apparecchio «giurassico» mentre attendeva il turno allo sportello. Ora, vi saranno certamente molti uffici i quali, avendo provveduto da tempo, non si sentiranno chiamati in causa dal comunicato. Ma il fatto che sia slata avvertita la necessità di inviare una direttiva intema con istruzioni cosdetta;liate porta a pensare che non tutte e 75 sedi cittadine brillino come un’oasi felice di ordine, pulizia ed efficienza. Richiami peraltro sacrosanti, quelli contenuti nel documento, a integrazione del grosso sforzo verso 1 ammodernamento che (onore al merito), forse per la prima volta vede impegnata l’azienda (tabella a fianco). Polemica la Slc-Cgil. Nulla in contrario a migliorare l’accoglienza commenta Nino Scianna -, a patto dmostrarsi altrettanto rigorosi sulla sicurezza e sull’igiene nei luoghi di lavoro. Vale a dire il retro degli uffici medesimi, non accessibile al giudizio del pubblico ma altrettanto importante. Servizi igienici inadeguati («in alcune succursali sono rappresentati da un minuscolo lavandino e da una vecchia turca in alluminio»), impianti antincendio fuori norma («clamoroso il caso di via Nizza, ripetutamente denunciato», spiega Scìannal, uscite di emergenza da realizzare, impianti elettrici obsoleti, barriere architettoniche a volontà (la Direzione provinciale di via Alfieri, il ritiro delle raccomandate in vìa Nizza..,). Questo e molto altro ancora, contesta il sindacato. Che a fronte duna «politica di immagine», sollecita investimenti sui fronti prioritari delle infrastrutture e delle strumentazioni. Ottimizzando, perché no, «anche i carichi dlavoro». L’alternativa è una modernizzazione con la «m» minuscola.

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